C'è chi dice che i folli sono i migliori. Io dico che i pazzi invece sono i peggiori e per mia fortuna io ne faccio parte!
Antonin Dolohov
50 anni,Mangiamorte
Londra, la pioggia, il cielo cupo e la speranza in un giorno di sole infranta allo scoccare di ogni ora. La pioggia veloce e rada scivola lungo i comignoli delle case, bagna le curve fredde dei muri delle case, e scivola a terra dove si pone a formare ampie pozzanghere.
La lunga notte di pioggia si colora di cremisi a Nocturn Alley. Le pozze diventano laghi di sangue e le gocce pesanti dai tetti sembrano lacrime vampiriche di sangue impregnato di dolore.
Una chiazza rossa al centro delle strade di Nocturn, in mezzo al grigiore di Londra, quel colore, quel colore simile alle più belle rose rosse, marchiava il passaggio di un demone della morte.
Alla larga si tenevano i passanti da quella zona, dopo aver udito per tutta la notte le urla di dolore provenienti dal civico 21. Le finestre barrate, la porta spalancata e in perpetuo movimento sbattendo su se stessa più volte.
Salendo le scale avevano cigolato, ma senza rivelare mai la presenza di un intruso, alla fine erano case vecchie, l'orecchio si abituava agli scricchiolii e ai passi dei topi, e proprio per questa abitudine i maghi non vennero messi sull'allerta dai diversi rumori fra le mura di casa.
Era entrato così Antonin Dolohov, silenzioso e con gli occhi già il marchio della morte. Il suo compito era chiaro, ma abbastanza aperto da lasciargli uno spiraglio di divertimento, nel decidere la modalità di morte delle sue vittime.
Quando scoccò l'una di notte, le urla si innalzarono dai letti delle vittime e senza far caso a uomini, donne e bambini, Antonin portò il silenzio nel civico 21, in una piovosa notte di Londra.
Una serata che tutti avrebbero ricordato, ma nessuno ne avrebbe mai parlato facendola cadere nel peggior dimenticatoio possibile, quello della paura.
Il sorriso compiaciuto, invece, dell'artefice sfoggiava la follia di un cresciuto malato, un bambino problematico sfociato in un adulto carnefice di omicidi cruenti.
Impeccabile nella sua pulizia, la casa imbiancata di sangue, ma i suoi abiti puliti come appena usciti dal negozio. Pochi passi, quei gradini scricchiolanti e la porta spalancata verso il freddo vento del primo mattino.
La pioggia era cessata ma le gocce ancora scivolavano lungo le grate e si andavano a depositare a terra lasciando il ricordo di una lunga notte di pioggia.
Nessun mantello, nessun nascondiglio, non serviva nascondere il proprio viso quando eri Antonin Dolohov. Non c'era maschera che potesse nascondere il sadismo dei suoi occhi e della crudeltà della sua voce.
Uscito dalla porte, accecato dalla luce del primo mattino, dava il buongiorno al mondo magico, con le anime di quattro traditori sulla coscienza, e una grande voglia di fare colazione.
Non c'era contro senso peggiore di Antonin Dolohov, la crudeltà nel corpo di un uomo a cui non importava neanche di portar morte, quello era solo uno sport.